I “Veganofobici” 🤡

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Foto di Mittmac da Pixabay

Se è vero che i vegetariani/vegani sono in costante ascesa, è altrettanto vero che, di pari passo, un’altra “categoria” di esseri pensanti si fa strada: i “veganofobici“. Ma cos’è la “Vegaphobia” (Vegafobia).

Io ritengo che, il più delle volte, a monte ci sia un pregiudizio.

L’enciclopedia “Treccani” definisce così il pregiudizio: idea, opinione concepita sulla base di convinzioni personali e prevenzioni generali, senza una conoscenza diretta dei fatti, delle persone, delle cose, tale da condizionare fortemente la valutazione, e da indurre quindi in errore (…).

Queste sono soltanto alcune delle affermazioni che spesso riecheggiano tra i “vaganofobici“.

  • “la soia distrugge i campi”
  • “i vegani hanno le mani sporche di sangue – sotto forma di massacri di piante!”
  • “il costo ambientale degli avocado è devastante. Per non parlare dell’olio di palma!”
  • “quanti topi/insetti si uccidono durante il raccolto”

Così, un articolo pubblicato su BBC.com ha indagato più a fondo sulle vere ragioni per cui la gente odia i vegani. Questo in quanto taluni rilievi statistici hanno mostrato che solo i tossicodipendenti attirano la stessa quantità di stigmatizzazione dei vegani.

In effetti, già nel 2007, si è svolta nel Regno Unito un’indagine denominata “Vegaphobia: parlare in modo sproporzionato del veganismo sui giornali nazionali britannici“. Questo lavoro, che ha esaminato 397 articoli contenenti i termini “vegan“, “vegani” e “veganismo“, ha evidenziato come il 74,3% degli articoli erano classificati come “negativi“; il 20,2% “neutri” e solo il 5,5% “positivi“.

Infatti, in uno studio condotto da Julia Minson, una psicologa dell’Università della Pennsylvania, si è visto che i vegani erano associati con le parole: “strano”, “arrogante”, “predicatore”, “militante”, “teso”, “stupido” e – misteriosamente – “sadico”.

Ed invero, quando un vegano si presenta ad una cena insieme a commensali onnivori, all’improvviso questi ultimi si ritrovano sbalzati dalla categoria della “dieta tradizionale” e confluiscono nella sconvolgente categoria del “mangiatore di carne”. Circostanza che crea tensione e risentimento.

Pertanto, con la loro mera presenza, i vegani costringono le persone a confrontarsi con la loro dissonanza cognitiva; con il c.d. “paradosso della carne” : dire di amare gli animali e mangiarli.

Tale atteggiamento conduce ad uno stato di “tensione o disagio; lo stesso che si prova quando abbiamo due idee opposte ma incompatibili o quando ciò in cui crediamo non corrisponde a quello che facciamo“.

Alla luce di tutto questo, cosa dire? che un modo per risolvere la dissonanza cognitiva, per uscire da questo labirinto e superare il pregiudizio c’è, ed è ragionare, pensare, conoscere e prendere una decisione razionale. In fin dei conti le conclusioni possono essere solo queste:

“– cambiare il nostro comportamento in relazione ai nostri valori: ossia smettere di mangiare carne perché riteniamo sbagliato provocare sofferenza e dolore agli altri esseri viventi. Informarsi in modo chiaro ed esaustivo è il primo passo verso questo tipo di cambiamento”.

“– cambiare i nostri valori per adeguarli al nostro comportamento (…)”.
Visto che continuo a mangiare la carne, allora adeguo un disvalore in senso assoluto (quale quello di provocare sofferenza e dolore agli animali non umani di cui mi cibo) al mio comportamento tramutandolo in un “valore” “giusto” e “necessario“ per noi.

– cambiare la nostra percezione dei nostri comportamenti in modo che appaiono congruenti rispetto ai nostri valori: (…) Cioè, quando dobbiamo decidere la nostra visione su di un punto controverso, dimentichiamo come stanno le cose realmente e le sostituiamo con delle nostre teorie e i ricordi che più si adattano ad esse.

Cogito, ergo sum Vegan!

Fonti:

  1. Articolo bbc.com
  2. Articolo sul “paradosso della carne” e le conclusioni

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